La guerra di resistenza che l’Isis sta portando avanti in Iraq, colpisce i campi petroliferi. Diciannove pozzi sono stati dati alle fiamme per tentare di rallentare l’avanzata delle forze regolari e dei loro alleati. A Mosul, capitale irachena dello Stato islamico, l’esercito combatte strada per strada, mentre da un paese a una ventina di chilometri a sud arriva la notizia di circa 100 cadaveri decapitati, trovati dalle forze governative irachene in una fossa comune. Un altro segno delle atrocità compiute dai jihadisti per farsi terra bruciata intorno. Ma i combattimenti più pesanti delle ultime ore si sono concentrati sul fronte siriano della guerra ai terroristi dell’Isis. Aerei americani hanno bombardato Raqqa, roccaforte dello Stato Islamico in Siria. A 40 chilometri dalla città, soldati curdi, poi, hanno ingaggiato combattimenti a terra. Un’offensiva accolta da segnali di nervosismo internazionale, in particolare della Turchia, per la quale i curdi sono terroristi tanto quanto i miliziani dell’Isis. E così, Ankara si trova in una posizione delicata: da un lato è legata alla NATO, che fa uso dei militari curdi; dall’altro è storicamente antagonista della minoranza curda del Paese.