L'ultima battaglia di McCain, Maverick ha un cancro

20 lug 2017
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Fighter, combattente, è l’aggettivo più usato, quasi onnipresente, per definire John McCain in tutti i messaggi seguiti alla notizia del cancro contro cui ora appunto combatte. Quella parola che davanti al male è spesso più un auspicio, per McCain è il metro stesso di un’esistenza passata fuori da ogni zona di confort, definita da eventi, circostanze, in cui dare battaglia era l’unica maniera di andare avanti a cominciare da una carriera militare zeppa di incidenti aerei, ferite, tragedie, fino all’episodio, durante la Guerra del Vietnam, che lo cambierà per sempre. Abbattuto il suo caccia vicino ad Hanoi, McCain viene catturato e passa sette anni durissimi nelle prigioni nordvietnamite. Gli Stati Uniti lo conoscono così, mentre combatte per rialzarsi da profonde ferite fisiche e psicologiche. E il ruolo di eroe americano gli dà la notorietà su cui costruire qualche anno dopo una carriera politica, foderata della stessa rabbia, la stessa tigna con cui si era lanciato fuori dall’aereo, o la caparbietà con cui è rimasto attaccato alla vita nella melma del lago Trúc Bạch, mentre veniva quasi linciato alle porte di Hanoi. Un carattere così, fin troppo fumantino, lo colloca subito fuori dagli schemi anche del suo partito, quello repubblicano. John è conservatore su molti temi, ma testardamente aperto al dialogo su altri. La chiave di tante rielezione nel seggio del Senato dell’Arizona sta forse là. John si batte per ciò che crede: lo chiamano Maverick, lo stallone che corre per le praterie fuori dal branco. Con il passare degli anni la sua capacità di “attraversare il corridoio”, un modo di dire per definire chi non ha paura di guardare oltre lo spazio che lo divide in aula dai suoi avversari politici, lo consacra a livello nazionale e tenta la corsa per l’ufficio più importante. Nel 2000 perde le primarie con Bush, nel 2008 arriva al punto più alto della sua carriera politica. Alla Casa Bianca, però, entra Obama che per lui usa parole bellissime nel discorso della vittoria. Negli ultimi anni non ha smesso di fare quello che conosce meglio: brigare, soffrire, cadere, rialzarsi, ogni volta con la mascella più serrata e ogni volta con una nuova cicatrice, un nuovo sorriso e una nuova baruffa, magari contro il Presidente degli Stati Uniti. È ancora Obama quello che forse ha scelto le parole più adatte da dire a Maverick-McCain oggi: il cancro non ha idea di chi si è messo contro. Spediscilo all’inferno, John.

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