Chiunque sia a Gaza city deve spostarsi verso sud in zone umanitarie, perché la città resta una zona pericolosa di combattimenti. Il volantino lanciato dagli aerei israeliani sulla Striscia è chiaro, le operazioni proseguiranno, i gazawi devono mettersi a riparo, ma dove? Perfino a sud, a Khan Younis, che sarebbe la naturale via di fuga, una scuola è stata colpita da un raid delle forze armate dello Stato ebraico. In uno scarno comunicato Israele conferma l’operazione, sostenendo di aver colpito un terrorista coinvolto nelle incursioni del 7 ottobre scorso, ma al tempo stesso aggiunge di non essere in grado di confermare il coinvolgimento di civili. Le indagini sarebbero in corso, c'è però da dire che al netto della disinformazione da parte di Hamas da mettere in conto, essendo il target una scuola, è più che fondato il timore del coinvolgimento di bambini e donne. Il punto cruciale però è la conferma dell'attacco avvenuto a Khan Younis. E la città meridionale è stata finora il punto di approdo degli sfollati gazawi. Le condizioni della popolazione sono sempre più drammatiche, anche l’ospedale al Ahli è stato chiuso forzosamente per l'accusa di dare ospitalità a terroristi. Nel frattempo non si spegne neanche l'incendio a nord di Israele. Hezbollah, la formazione sciita filoiraniana, ha lanciato una serie di missili sulla Galilea e a Nafah sono morti due cittadini israeliani centrati nella loro vettura. La IDF invece ha colpito obiettivi dell'esercito Siriano nel sud del paese, sulle alture del Golan, "erano in violazione degli accordi di disimpegno del 1974", ha detto il portavoce militare. In questo quadro, che sembra sempre più catastrofico, giunge la notizia per cui la delegazione israeliana, incaricata di negoziare l'accordo sugli ostaggi, guidata dal capo del Mossad, è partita per il Qatar, per partecipare a un vertice a quattro con il direttore della CIA, il primo ministro del Qatar e il capo dell'intelligence egiziana. E l'urgenza di una soluzione negoziare si vede a Gerusalemme, dove è andata in scena una manifestazione shock per la liberazione degli ostaggi, i loro figli, si sono rinchiusi in gabbia fuori dal parlamento, come un monito sulla posta in gioco anche per Israele.