La Brigata Nahal, l'ultima rimasta nel Sud della striscia, lascia l'enclave palestinese ma solo per prepararsi con il resto della 162esima divisione in vista dell'imminente offensiva israeliana a Rafah, insomma tutto sembra essere pronto, manca solo l'ok di Benjamin Netanyahu che nonostante il pressing della comunità internazionale, in primis dell'amministrazione americana di Joe Biden, per evitare altre morti e sangue, non si sposta di un centimetro perché per lui l'operazione nella parte più meridionale di Gaza rappresenterebbe la chiave per arrivare alla vittoria totale, perchè volta all'eliminazione dell'ultimo bastione di Hamas. Il timore che gli annunci si traducano presto in realtà spinge il movimento islamista palestinese a proporre una tregua di cinque anni, a condizione che Israele riconosca la creazione di uno stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Niente di più lontano dalla visione del "The day after" del leader del Likud, ma anche della Casa Bianca, che nonostante sostenga la soluzione due popoli due stati, ribadisce ancora una volta che non ci sarà mai uno stato palestinese con Hamas. Nelle prossime ore una delegazione dell'intelligence egiziana dovrebbe volare in Israele per riprendere i negoziati dopo la fase di stallo delle ultime settimane. Tra i Paesi mediatori, l'Egitto in questo momento, sembrerebbe essere quello più interessato a promuovere un accordo tra lo stato ebraico ed Hamas, in parte per impedire o meglio posporre, l'operazione israeliana a Rafah, che potrebbe costringere parte della popolazione di Gaza a fuggire nel Sinai.