Il piano presentato dal Presidente americano Joe Biden per arrivare in tre fasi alla cessazione delle ostilità all'interno della Striscia di Gaza è stato salutato positivamente da Hamas, ma accolto solo in parte dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il leader del Likud, che deve destreggiarsi tra i malumori interni al suo governo, apre alla prima fase, ovvero ad una tregua temporanea di sei settimane durante la quale una parte degli ostaggi israeliani sarà rilasciata da Hamas in cambio della liberazione di un numero ancora non definito di detenuti palestinesi. Un mese e mezzo in cui le truppe israeliane si ritireranno dai centri abitati di Gaza e sarà previsto un maggiore ingresso di aiuti umanitari nell'enclave. Netanyahu in questo modo prova a smarcarsi tra due fuochi, da una parte c'è Benny Gantz ministro del gabinetto di guerra e leader centrista per il quale la liberazione degli ostaggi è prioritaria rispetto agli obiettivi di guerra, che minaccia di dimettersi se entro l'8 giugno non dovesse esserci un cambio di passo per quanto riguarda la condotta militare a Gaza. Dall'altra, l'ala messianica composta dai leader di ultradestra Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich che minacciano di anticipare una crisi di governo nel caso in cui Netanyahu dovesse accettare in toto il piano presentato da Biden, perché per i nazionalisti un cessate il fuoco permanente richiesto da Hamas e previsto nella seconda fase del piano, non è tollerato. D'altronde si sa, l'obiettivo principale dello stato ebraico è quello di continuare a combattere a Gaza per decapitare il movimento islamista palestinese, in modo tale che la Striscia non rappresenti più una minaccia per il popolo israeliano. Intanto a rimanere ancora insoluto è il day after, ovvero il futuro della Striscia di Gaza una volta terminata la guerra, che da quasi otto mesi, per ora, non accenna a placarsi.























