Medioriente, raid di Israele nonostante sentenza dell'Aja

25 mag 2024
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Ancora Rafah, il campo di Shaboura, ma anche Deir al-Balah. Secondo le testimonianze raccolte dalle agenzie sul posto, le località meridionali della Striscia di Gaza sono state nuovamente obiettivo dei raid israeliani, che hanno colpito aree dove è più alta la concentrazione di rifugiati palestinesi. In questo quadro c’è da segnalare anche l’allarme lanciato dall’Unicef sul reparto pediatrico di Deir al-Balah, dove 20 neonati, alcuni prematuri, rischiano la morte per la mancanza di energia elettrica e ossigeno. Tutto questo il giorno dopo la sentenza della Corte Internazionale dell’Aja con cui si ordinava a Israele di sospendere le operazioni su Gaza e di aprire il valico di Rafah per far giungere aiuti umanitari alla popolazione. Una sentenza che però, secondo il ministro e leader nazionalista radicale Itamar Ben Gvir, è “antisemita” e “irrilevante”. Questo al netto del fatto che la corte ha visto il voto favorevole anche degli Stati Uniti, alleati sempre più riluttanti dello Stato Ebraico, e che nella stessa sentenza ordinasse anche ad Hamas il rilascio immediato e senza condizioni degli ostaggi israeliani. Un punto su cui il governo Netanyahu ha il fianco scoperto, bersaglio di continue critiche da parte dell'opinione pubblica, che chiede lo stop delle operazioni militari per permettere il ritorno dei cittadini israeliani nelle mani degli islamisti. In questo contesto va inserita la mossa di William Burns, Direttore della CIA, che si recherà a Parigi per rilanciare i negoziati tra Israele e Hamas, con la mediazione di Egitto e Qatar. È questo fatto, probabilmente, all’origine della decisione del gabinetto di guerra israeliano di ampliare i poteri ai negoziatori che una ventina di giorni fa hanno abbandonato tavolo delle trattative al Cairo. Una scelta che da principio vedeva la contrarietà del premier Netanyahu, ma che forse ha preso atto del malcontento crescente anche a livello internazionale. Su tutto pende ancora la decisione del tribunale dell’Aja sulla definizione di “genocidio” per quel che riguarda ciò che sta accadendo a Gaza. C’è ancora un mese di tempo.

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