Le code di macchine sono lunghissime, la direzione è una sola: il sud del Libano. Subito dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah, decine di migliaia di sfollati libanesi hanno affollato le strade di Beirut per cercare di raggiungere i propri villaggi, o ciò che ne è rimasto, nella parte meridionale del Paese. Ma il portavoce dell'esercito israeliano ha frenato ogni entusiasmo, ordinando ai cittadini del Libano di non recarsi nelle aree che si trovano a sud del fiume Litani prima del ritiro delle forze di difesa israeliane, per ragioni di sicurezza. Intanto il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso che Israele farà ricorso contro il mandato di arresto spiccato dalla Corte Penale Internazionale nei suoi confronti per presunti crimini di guerra a Gaza, ritenendo la decisione del tribunale de L'Aja priva di fondamento. I fedelissimi lo appoggiano, altri sottolineano come presentare ricorso significhi riconoscere implicitamente l'autorità della Corte, di cui Israele non fa parte. Nelle stesse ore, secondo indiscrezioni dei media israeliani, la Francia sarebbe stata condizionata proprio dallo Stato ebraico nella sua decisione di non rispettare il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu, nel caso in cui il leader del Likud dovesse recarsi a Parigi. In cambio avrebbe ottenuto il sì di Israele al coinvolgimento della Francia nell'accordo di cessate il fuoco in Libano.