Missili, Trump: Pyongyang viola risoluzione Onu

07 mar 2017
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Mentre gli USA fanno arrivare in Giappone 14 Super Hercules, i caccia più sofisticati, la cui consegna era già prevista da tempo, ma che è stata accelerata proprio per mostrare l’impegno incondizionato a difendere l’alleato da ogni minaccia esterna, Tokyo chiede formalmente la convocazione del Consiglio di sicurezza, per prendere nuove misure contro il regime di Pyongyang, che ieri ha lanciato quattro missili balistici verso il Giappone, e che annuncia di non avere nessuna intenzione di fermarsi, fino a quando Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone, appunto, continueranno a programmare, secondo un comunicato dell’agenzia KCNA, un’aggressione contro la Repubblica democratica popolare di Corea. Ma proprio mentre la comunità internazionale, compresa la Cina, protesta per la nuova provocazione di Pyongyang, una commissione speciale dell’Onu, incaricata di verificare il rispetto e l’impatto delle già pesanti sanzioni in vigore contro il regime, avverte Pyongyang, riesce di fatto ad aggirare le sanzioni, attraverso una rete di società straniere e di conti bancari sempre più numerosi e sofisticati. Sono in molti oramai a chiedersi quanto la politica delle sanzioni, in questo come in altri casi, sia di fatto efficace. Ad aumentare la tensione fra le due Coree, fra le quali esiste solo un armistizio firmato nel lontano 1953, l’annuncio del Governo di Seul di aumentare il compenso per i cittadini del Nord che decidano e riescano a rifugiarsi al Sud. Attualmente il compenso, che per un cittadino del Nord rappresenta un vero miraggio, è di circa 200.000 euro, più un alloggio per i primi cinque anni. Cifra che è stata però portata a 900.000 euro, ma solo per coloro in grado di fornire informazioni importanti e verificabili sul regime, come è avvenuto di recente per l’ex ambasciatore nordcoreano a Londra. Oltre 30.000 cittadini del Nord hanno abbandonato il Paese dal 1953, ma negli ultimi anni il numero è sceso bruscamente, sia per le relativamente migliorate condizioni economiche all’interno del Paese, sia per i controlli più rigidi alle frontiere e al fatto che la Cina, che fino a qualche anno fa chiudeva un occhio, adotta, da un paio di anni, una dura politica di respingimento dei rifugiati, che una volta rientrati in patria rischiano pesanti condanne per loro e per l’intera famiglia.

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