Non c’è luogo o ambito al riparo dalle molestie sessuali, paragonabile negli States allo scandalo dei preti pedofili. L’offesa alla morale collettiva che emerge dai casi di molestia sessuale si diffonde e dilaga. Fioccano denunce, outing, scuse e mea culpa, mentre il vaso di Pandora si rompe anche sulla politica europea e, ancor più grave, sulle Istituzioni internazionali come le Nazioni Unite. L’attrice americana Julianna Margulies, protagonista della fortunata serie The Good Wife, è solo l’ultima in ordine di tempo a circostanziare i metodi coercitivi di quello che potremmo definire il paziente zero di questo virus internazionale, Harvey Weinstein. Lui, ricoverato in una clinica specializzata nella cura delle dipendenze sessuali, rischia l’arresto a New York per una nuova denuncia, questa volta di stupro. Le molestie sessuali, antico male che oggi si mostra, non risparmiano niente e nessuno. A Londra, dopo le dimissioni del Ministro della Difesa, Michael Fallon, i Tories spendono anche Charlie Elphicke, membro della Commissione Tesoro dei Comuni. Gravi accuse pendono su di lui, ma neppure i labour sono immuni: Clive Lewis, deputato di spicco dei laburisti, è al centro di un’indagine interna dopo aver palpeggiato un’attivista al congresso del partito a settembre. In Francia alcuni attivisti del Front Nazional accusano membri del partito e, ancor più grave, la direzione Marine le Pen, per essere rimasta sorda davanti alle offese e alle accuse. In Austria Peter Pilz, uno dei più noti esponenti della sinistra, è stato costretto a lasciare il seggio dopo accuse di molestie sessuali. Dallo spettacolo alla politica, sino alle Nazioni Unite. L’Organizzazione internazionale ha raccolto trentuno nuove denunce di abusi sessuali commessi da personale dell’ONU solo tra luglio e settembre, la maggior parte ai danni di donne e minori.