Morte Regeni, dall'Egitto 5 anni di depistaggi e silenzi

22 gen 2021
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Cinque anni dopo il suo omicidio ci sono quattro indagati e nessun indirizzo dove raggiungerli. Quattro uomini dell'intelligence egiziana, compreso un generale che secondo la procura di Roma sequestrarono, torturarono e uccisero Giulio Regeni. E poi ci sono i genitori del giovane ricercatore friulano, Paola e Claudio, che da cinque anni chiedono quella giustizia che anche la Magistratura fatica ad ottenere. Le forti tensioni diplomatiche tra il nostro Paese e l'Egitto non hanno portato risultati apprezzabili in termini di collaborazione, se non all'evidenza degli infiniti depistaggi, iniziati dal primo giorno del suo sequestro. Giulio Regeni aveva 28 anni quando sparì nel nulla al Cairo il 25 gennaio del 2016 un giorno emblematico visto che era il quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir. Venne ritrovato il 3 febbraio successivo a poca distanza da una prigione dei servizi segreti egiziani. Il suo corpo era martoriato dalle torture inflitte, la madre lo riconobbe dalla punta del naso di quel viso dove disse di aver visto tutto il male del mondo. Sulla pelle erano state incise alcune lettere dell'alfabeto. Una tortura considerata un tratto distintivo della polizia egiziana, ipotecando così il primo atto di accusa contro il regime di al Sisi. A cinque anni di distanza, dunque, la procura di Roma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per i quattro 007 egiziani, ma non può procedere a notificare gli atti agli indagati, semplicemente perché l'Egitto si rifiuta di dire dove siano. Quello che è certo, infatti, è che Giulio non è il solo ad essere probabilmente morto sotto tortura nelle carceri egiziane. Secondo Amnesty International, centinaia di persone vengono massacrate ogni anno dal regime, tanto che gli attivisti locali affermano: Giulio è morto come un egiziano.

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