Ancora una volta Alexei Navalny non si è arreso e ha continuato a lottare fino a che non è stata data la notizia che ha il sapore del mezzo miracolo. L'oppositore russo è stato dimesso dall'ospedale Charité di Berlino, dove era stato ricoverato il 22 agosto per un avvelenamento da Novichok, un potentissimo agente nervino. Avvelenamento che sarebbe avvenuto in Siberia durante la campagna elettorale e sarebbe stato accertato dai laboratori di Francia e Svezia, oltre che da quelli militari tedeschi. Ma c'è di più. I medici hanno detto che una completa guarigione è possibile, allontanando lo spettro di danni neurologici. Dopo 32 giorni di ricovero, 24 dei quali trascorsi in terapia intensiva, si può dunque parlare di scampato pericolo, ma gli strascichi della vicenda, ora esclusivamente politica, sembrano destinate a durare ancora a lungo. La Russia deve fare luce rapidamente e senza esitazioni sull'avvelenamento del leader dell'opposizione russa Navalny, perché noi faremo in modo che le nostre linee rosse siano confermate, ha dichiarato davanti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il Presidente francese Emmanuel Macron nella giornata di martedì. La Russia, dal canto suo, ha evidenziato problemi con l'inchiesta perché - ha spiegato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov - molte prove sarebbero state portate via dallo staff dell'oppositore, aggiungendo anche che Mosca ha ancora problemi ad ottenere informazioni rilevanti dalla Germania. Proprio il caso Navalny ha creato nuovi motivi di tensione tra l'Unione europea, e in particolare la Germania, e la Russia. La Cancelliera tedesca Angela Merkel è arrivata anche a minacciare la rottura dell'accordo sul gasdotto Nord Stream, ormai quasi pronto.