L’Europa guardava con il fiato sospeso al voto olandese. L’Europa ora può tirare un sospiro di sollievo. Geert Wilders, il suo Partito della Libertà anti migranti e anti Unione Europea cresce, ma non sfonda e le urne incoronano vincitore il premier uscente, il liberale Mark Rutte, seppure in calo di consensi rispetto a cinque anni fa. A premiarlo, probabilmente, la linea dura tenuta negli ultimi giorni con la Turchia, ma anche l’appello, ripetuto fino all’ultimo, a frenare l’ondata di populismo che potrebbe influenzare anche altri appuntamenti elettorali in Europa, come quelli in Francia e in Germania. Dato per favorito assoluto fino a poche settimane fa, con il suo programma base di uscita dall’Unione Europea e messa al bando del Corano, Geert Wilders deve, invece, accontentarsi di un risultato ben sotto le aspettative, anche se su Twitter parla di una prima vittoria e si dice convinto che con Rutte non sia finita qui. Ironia della sorte, Wilders si ritroverà in Parlamento anche il partito degli immigrati che, per la prima volta, ottiene dei seggi, ma le urne hanno premiato soprattutto i Verdi e il suo giovanissimo leader, Jesse Klaver, che ha più che quadruplicato i consensi, con un risultato senza precedenti. Crollo verticale, invece, per i laburisti del Presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, scesi al loro minimo storico. Con un sistema elettorale proporzionale puro e una frammentazione politica che ricorda l’Italia della Prima Repubblica, per formare un Governo servirà una coalizione di almeno quattro partiti. Wilders di sicuro rimarrà all’opposizione, visto che tutte le altre formazioni hanno preannunciato che non si alleeranno mai con lui. Questo resterà, comunque, un voto storico per la piccola Olanda, per una volta sotto i riflettori della scena politica internazionale. Anche gli elettori sembrano averlo capito. Lo dimostra l’affluenza, l’82 per cento, il valore più alto degli ultimi 31 anni.