Filo spinato e guardie all'ingresso, container in cui sono stipate migliaia di persone, donne e bambini senza sorrisi, molti dei loro amici sono morti nell'acqua che lambisce le coste di Lesbo. Poi Francesco arriva qui, nel campo profughi di quest'isola, un'isola bella come un sogno ma che per migliaia di persone si è trasformata in una vera prigione, eppure queste persone anche se soggiornano qui per anni e anni, mantengono la speranza di una vita nuova. Il Papa entra nel grande tendone che è stato allestito per l'incontro e dove lo aspettano 200 migranti. Francesco ascolta testimonianze di volontari e profughi, poi prende la parola. Forse è il discorso più intenso e articolato, che ha mai fatto sulla migrazione. Chi ha paura di voi, dice, non vi ha mai guardato negli occhi. "È facile trascinare l'opinione pubblica istigando la paura dell'altro; perché invece con lo stesso piglio non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio. Perché non si parla di questo?". Cinque anni fa ero già venuto a Lesbo, ricorda Francesco, è terribile ma nulla è cambiato. Se i poveri vengono respinti, si respinge la pace, la storia insegna che chiusure e nazionalismi portano a conseguenze disastrose, questo è un naufragio di civiltà ed è tragico come si muove l'Europa, spesso indifferente, dove i soldi pubblici vengono usati per costruire muri e fili spinati. La pandemia si sta affrontando faticosamente con i vaccini, sull'ambiente pur tra ritardi e incertezze qualcosa si muove, invece tutto latita sul fronte dei migranti. "Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d'acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum".