Col passare dei giorni acquista sempre più potenza, la valanga scatenata dai cosiddetti Paradise Papers, i tredici milioni di file utilizzati nella nuova inchiesta condotta da un pool internazionale di giornalisti. A finire nel mirino, oltre a personaggi di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni, dello spettacolo e dello sport, anche colossi come Apple. La società di Cupertino, stando all’inchiesta, avrebbe creato una struttura segreta per evadere miliardi in tasse cercando un nuovo paradiso fiscale, a seguito delle pressioni giunte da Bruxelles contro le agevolazioni che Apple aveva ottenuto in Irlanda. Il trasferimento, iniziato con gradualità nell’ottobre del 2013, avrebbe portato a scegliere Jersey, isoletta del Canale della Manica, come nuovo baricentro fiscale, perché lì le imposte sui profitti delle società sono inesistenti. Ma, appunto, quello di Apple è solo l’ultimo nome eccellente. Nella lunga lista di personaggi coinvolti, nelle ultime ore è apparso anche quello del pilota, quattro volte campione del mondo di Formula 1, Lewis Hamilton. Anche lui, come tanti altri, si sarebbe affidato alla consulenza di Appleby, lo studio professionale al centro della fuga di notizie, per trasferire, ad esempio, il proprio jet privato dalle Isole Vergini britanniche a Man per recuperare oltre cinque milioni di Iva. E Hamilton si troverebbe in buona compagnia: il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, l’erede al trono dell’Arabia Saudita Mohammed Bin Salman, i fratelli Arkady e Boris Rotenberg e amici milionari del Presidente russo Vladimir Putin avrebbero tutti chiesto consulenze ad Appleby per risparmiare sull’acquisto di jet e mega-yacht ai danni del fisco.