La sfida è decisiva. Per andare avanti nel Mondiale, si deve vincere. Ma oggi, qui, c'è molto più dai calcio: Stati Uniti contro Iran è una partita geopolitica ad altissima tensione che riporta il mondo indietro di oltre 40 anni. La rivoluzione khomeinista contro il governo, allora appoggiato da Washington, è storia. La cronaca della partita tra le due nazionali che si affrontano in Qatar parte, invece, da uno sgambetto americano. Gli account social della nazionale statunitense hanno, per alcune ore, a quanto pare, all'insaputa di allenatore e giocatori, pubblicizzato l'incontro utilizzando la bandiera iraniana senza i simboli della Repubblica Islamica in segno di solidarietà alle proteste popolari scoppiate dopo la morte di una ragazza arrestata per non aver correttamente indossato il velo. Teheran ha accusato gli Stati Uniti di avere violato i regolamenti della FIFA, diffondendo un'immagine distorta della propria bandiera e ha chiesto la sospensione degli avversari, ovvero, l'espulsione dai Mondiali. Il dipartimento di stato americano ha subito precisato di non essere stato coinvolto nella decisione rivendicata dalla federazione calcistica statunitense; ma ha aggiunto che, pur auspicando sul campo una partita pacifica e competitiva, il Governo degli Stati Uniti continuerà ad appoggiare il popolo iraniano nella sua lotta contro la violenza sulle donne sponsorizzata dallo Stato, dicono a Washington, e contro la repressione delle manifestazioni pacifiche. Da sempre, lo sport è terreno di scontro ampio e carico di simboli. Quando ai Mondiali di Francia nel '98, Stati Uniti ed Iran si affrontarono per la prima volta, il clamoroso successo di questi ultimi fu celebrato come rivincita ideologica, politica e religiosa. Nella sfida tra ruoli e avversari, la competizione agonistica dovrebbe unire e superare le differenze, ma ogni medaglia, si sa, ha il suo rovescio.