“Eravamo alla stazione degli autobus. Ha iniziato a piovere e ci siamo riparati in un edificio in costruzione. L’esplosione è avvenuta proprio lì vicino. Tutti quelli che erano vicino a me sono morti. Io sono vivo per miracolo”. Sono per lo più pellegrini sciiti e iracheni, come quest’uomo, le vittime di uno degli attentati più gravi della storia recente di Damasco: decine e decine i morti, centinaia i feriti. Due esplosioni nel cuore della città vecchia, il quartiere di Bab Mousalla, vicino al cimitero di Bab al-Saghir, meta appunto di fedeli sciiti provenienti da tutto il mondo. L’agenzia di stampa locale Sana riferisce genericamente di un doppio attacco terroristico. L’Osservatorio per i diritti umani parla di una bomba esplosa al passaggio di un pullman e di un kamikaze in azione poco dopo. Non c’è stata per ora rivendicazione, ma l’obiettivo, a quanto pare, erano proprio i pellegrini sciiti che, dopo aver visitato il santuario Sayyida Zeinab, alle porte di Damasco, stavano andando a pregare al cimitero di Bab al-Saghir, conosciuto come la settima porta della città vecchia. Milizie sciite provenienti da Iran, Iraq, Afghanistan e in Libano, dall’inizio della guerra civile, sei anni fa, sostengono il Presidente Bashar al-Assad. Il doppio attentato è arrivato dopo l’attacco delle forze governative a postazioni ribelli alle porte della capitale e in un momento delicato per il regime, che si prepara all’offensiva finale contro l’Isis a Raqqa. “Riprendere l’Iraq è una priorità – ha ribadito il Presidente al-Assad a una Tv cinese –, senza risparmiare un attacco agli americani e ai turchi. I militari inviati in Siria senza l’autorizzazione del Governo siriano – ha aggiunto – sono considerati invasori”.