È un altro smacco alla Cina. Dopo la contestatissima visita della Speaker della Camera, meno di due settimane fa, una delegazione del Congresso vola a Taiwan e incontra la Presidente dell'isola reclamata da Pechino, in un ulteriore segno di supporto degli Stati Uniti al diritto di Taipei di auto-governarsi democraticamente. Una permanenza di poche ore, ma sufficienti a scatenare l'ulteriore ira della Cina che ha subito annunciato nuove esercitazioni militari in risposta a quella che il Ministero della Difesa ha definito la provocazione americana e la sua collusione con Taiwan. Se lo sfoggio muscolare dimostrato dopo la visita di Nancy Pelosi, acrobazie aeronavali che hanno circondato l'isola per giorni, voleva essere di deterrenza a ulteriori incontri, non ha funzionato. La missione americana a 5 membri, 3 Democratici e 2 Repubblicani, ha incontrato funzionari del governo e rappresentanti delle imprese taiwanesi. Agli Stati Uniti quel piccolo pezzo di terra sta molto a cuore perché è fondamentalmente la fabbrica mondiale di semiconduttori e finché l'America non ne avrà riportata in patria un'adeguata produzione è per Washington cruciale che non cada in mano ostili. Ma per Taiwan, Pechino, minaccia di essere disposta anche a dichiarare guerra agli Stati Uniti, nonostante le dichiarazioni formali di Washington, i cinesi accusano gli americani di incoraggiare l'indipendenza di Taipei, solo un pretesto rispondono da questa parte dell'Atlantico e si preparano a mandare nello stretto, nel giro di un paio di settimane, un'altra portaerei nel caso i cinesi tantino di strangolare l'isola bloccandone il traffico aeronavale.