La Cina lavorerà con la massima sincerità ed esercitando tutti gli sforzi possibili per raggiungere la riunificazione pacifica, ma al tempo stesso non rinuncia alla possibilità di ricorrere alla forza, ove diventasse necessario. Pechino chiarisce e ribadisce ancora una volta, in un comunicato ufficiale, l'obiettivo finale della riunificazione, e lo fa proprio mentre in forma privata, ma pubblicamente dibattuta e criticata dai media taiwanesi, è giunto in Cina il vicepresidente del Kuomintang, il Partito Nazionalista di Taiwan filocinese, attualmente all'opposizione e che da sempre sostiene la riunificazione. Una visita alla quale i media cinesi non hanno tuttavia dato alcun risalto e che avviene in un momento in cui i vertici del Partito Comunista sono in conclave nella località turistica di Beidaihe, per preparare il prossimo congresso. Sembra comunque evidente che nonostante le manovre militari proseguano, manovre alle quali si sono aggiunte nelle ultime ore anche le esercitazioni interne di Taiwan, seppure in zone diverse dell'isola, Pechino non abbia alcuna intenzione di forzare la situazione ora, in attesa di decidere cosa fare subito dopo il congresso. La tensione resta comunque alta nell'Indo-Pacifico. Oltre alle manovre militari cinesi infatti, il Giappone sta effettuando le prime esercitazioni navali assieme alle Isole Salomone, mentre India e Stati Uniti hanno confermato l'intenzione di effettuare manovre congiunte ad un centinaio di chilometri dal confine con la Cina, teatro due anni fa di scontri armati. Il rischio maggiore, ha avvertito il premier di Singapore Lee Hsien Loong, è che con tutte queste navi e questi aerei in giro per i nostri mari e i nostri cieli, qualcosa vada storto e ci ritroviamo in guerra a causa di un semplice incidente.























