Il fuoco che brucia tutto, le fiamme alte, i corpi senza vita, l'aria irrespirabile. Sono da poco passate le 08 del mattino, quando nella miniera di carbone di Bois du Cazier in Belgio si scatena l'inferno 08 agosto 1956, Lino Rota, ex minatore originario di Nembro, in provincia di Bergamo, oggi ha 96 anni e testimone oculare di quel giorno, arrivò fra i primi, infatti, assieme alla sua squadra di soccorso per cercare di aiutare gli oltre 200 minatori intrappolati nelle viscere della terra a oltre 1000 metri di profondità. "Io lavoravo in una miniera della stessa società che, insomma dove è successo Massinel. Sono andato, mi sono presentato lì all'ufficio, c'era l'ingegnere mi disse, guarda Lino Vinel, è successo dunque una catastrofe enorme". Nella memoria i volti neri dei minatori solcati dalle lacrime. "Ho visto queste persone che erano dunque, nere, completamente. I ricordi riaffiorano dolorosi, in fondo alla miniera c'era anche un padre, un caposquadra, che aveva ottenuto un permesso speciale per far visitare ai suoi due figli quel sito minerario. "Certamente la situazione era molto molto grave. E in fondo questa miniera, c'era dunque un papà con i suoi due figli. Era un capo squadra della società. Questi due figli annegati assieme al papà. 14 e 17 anni". 262 furono i morti, 136 erano italiani, tutti avevano aderito al protocollo Carbone dal Belgio in cambio di minatori dall'Italia, tornato al suo paese Lino assieme alla moglie Mariuccia, ha voluto ricostruire una miniera nella roccia che oggi è diventata un museo. .























