A Mar-a-Lago la così detta "Casa Bianca invernale" di Donald Trump, in Florida, l'FBI è arrivata lunedì mentre l'ex presidente americano giocava a golf in New Jersey, nell'ultimo capitolo di un'inchiesta del Dipartimento della Giustizia sulla fine del suo mandato, che è nata a inizio anno. Quando i funzionari degli archivi federali si preparavano a gennaio a trasferire materiale degli uffici della Casa Bianca di Trump alla Commissione del Congresso che indaga sulle violenze del 6 gennaio 2021 al Campidoglio si sono resi conto che mancavano 15 scatole di documenti. Erano, per ammissione stessa di Trump, a Mar-a-Lago, residenza privata dove il presidente ha intrattenuto capi di stato e di governo e da cui ha ordinato attacchi militari. Sono poi stati restituiti ma all'interno di quelle casse c'erano anche documenti classificati che sarebbero dovuti rimanere nel perimetro di segretezza della Casa Bianca. Da qui l'entrata in scena del Dipartimento di Giustizia, l'apertura di un'inchiesta il cui ultimo capitolo è stata la perquisizione delle scorse ore che potrebbe, secondo la stampa americana, costare a Trump multe, un fermo o l'interdizione dalle cariche pubbliche in un momento in cui l'ex presidente torna sulla scena politica e mira alla ricandidatura nel 2024. Accade mentre continuano i lavori della Commissione del Congresso sui fatti del 6 gennaio, di cui audizioni si svolgono in prima serata televisiva. Benché testimoni abbiano rivelato, tra le altre cose, come Trump sapesse delle intenzioni violente dei suoi sostenitori e come abbia chiesto al Governatore della Georgia di tentare di cambiare il risultato del voto nello stato la Commissione non può incriminarlo ma può riferire i risultati sempre più eclatanti delle investigazioni al Dipartimento di Giustizia. Questo segue da decenni la linea secondo la quale un presidente in carica non può essere incriminato. Lo stesso non vale però per un ex presidente o per un candidato.