"Ci dobbiamo dire la verità, che non possiamo fermare la guerra senza negoziati diretti con la Russia". Le parole del Presidente ucraino, Volodymyr Zelens'kyj, per certi versi, sono la coerente prosecuzione della sua strategia di comunicazione. Nonostante pochi giorni fa avesse denunciato la possibilità di un colpo di stato all'inizio di dicembre, lui stesso aveva fatto da pompiere, definendo però l'ipotesi poco probabile. Come del resto ha sempre escluso anche un'aggressione russa, nonostante l'evidente ammassamento di truppe al confine. D'altronde come a fargli da sponda, anche il presidente russo, Vladimir Putin, intervistato dalla TV nazionale aveva gettato acqua sul fuoco. Si tratta quindi di una mano tesa, che Zelens'kyj tende a Mosca, per riavviare negoziati che, ad oggi, hanno avuto come unico risultato lo scambio di prigionieri. Certo che nel Donbass la tregua non regge da tempo, le violazioni sono continue, come denunciano i media locali. Mentre la NATO, manifesta sempre più nervosismo. Nell'ultimo incontro a Riga, il segretario dell'Alleanza Jens Stoltenberg ha rilasciato una dichiarazione che deve aver avuto un effetto assai disturbante alle orecchie dello Zar Putin. Mosca che guarda all’adesione dell'Ucraina all’Alleanza come a una linea rossa. Tanto che Putin ha chiesto dialoghi diretti con la NATO per evitare ulteriori provocazioni minacciando di aver preso precauzioni contro le provocazioni occidentali. Una situazione paradossale quindi. Dove la NATO gioca la parte del poliziotto cattivo mente Ucraina e Russia si lancia messaggi rassicuranti. Una strategia negoziale, certo. Che trascura però come nel Donbass, oggi, si sparino proiettili veri.