Che i rapporti tra Europa e Russia siano ormai a un punto critico lo aveva ammesso anche l'alto rappresentante per la politica estera dell'unione, Josep Borrell, ribadendo però anche la volontà di tenere aperto il dialogo, ma certo era difficile da immaginare che proprio durante la sua visita a Mosca la Russia decidesse di espellere alcuni diplomatici di Svezia, Polonia e Germania per la loro partecipazione alle proteste del 23 gennaio scorso contro l'arresto di Alexei Navalny, il principale oppositore di Vladimir Putin, già oggetto di un tentativo di avvelenamento. Un provvedimento ingiustificato, ha protestato subito la cancelliera Merkel, impegnata in un bilaterale col Presidente francese Macron, che a sua volta ha condannato con la massima fermezza. E mentre il Ministero degli esteri tedesco avvertiva che il gesto non sarebbe rimasto senza risposta e convocava l'ambasciatore russo si facevano sentire anche Varsavia e Stoccolma, la netta condanna è poi arrivata anche dallo stesso Borrell, ma solo diverse ore dopo la sua conferenza stampa con il ministro degli esteri russo Lavrov, in cui il capo della diplomazia europea non ha certo brillato. L'alto rappresentante ha chiesto il rilascio di Navalny a nome dei 27, affrettandosi però a specificare che nessuno ancora ha avanzato richiesta di sanzioni nonostante in almeno 6 paesi membri spingano in questa direzione. Tutto questo mentre Lavrov non ha lesinato parole che di diplomatico avevano ben poco, definendo l'Europa un partner inaffidabile e con un ridicolo approccio solidaristico, rinfacciando presunte violazioni di diritti umani negli stati membri e accusando i media europei di doppiopesismo. Da Borrell di fatto nessuna replica, neppure quando Lavrov ha lamentato che durante la pandemia invece chi aiuti reciproci sono arrivate accuse di disinformazione e nonostante proprio queste accuse siano ormai supportate da un gran numero di prove.