Pronti a riprendere il dialogo, ma basta armi. Così Putin al telefono con Macron e Scholz prova a dettare le sue condizioni. Sul tavolo la pressante questione del grano e del blocco dei porti. L'Unione Europea, nel Consiglio di lunedì, discuterà della possibilità di dare il via ad una missione per scortare le navi cariche di grano, dall'Ucraina verso il Mediterraneo. Dall'Unione passa anche la palla sulle sanzioni russe e le difficili questioni su petrolio e gas, che stanno spaccando il fronte. È principalmente il Primo Ministro ungherese Orban a complicare le risposte. Uno fra i pochi leader ad osteggiare le sanzioni alla Russia, l'unico ad evitare qualsiasi condanna esplicita di Putin, vista la grande dipendenza energetica del suo Paese dalla Russia. Una delle ipotesi sul tavolo è che l'embargo petrolifero si applichi esclusivamente alle importazioni via mare, risparmiando cioè quelle dagli oleodotti. Una misura ad hoc per favorire l'afflusso energetico in Ungheria. Escamotage che L'Europa è costretta a prendersi sulle spalle e a tradurlo con una bozza di accordo: 6 mesi agli Stati membri, per fermare gradualmente le importazioni di petrolio da Mosca per quanto riguarda le forniture via mare e 8 per quelli di prodotti raffinati. In questo modo la Commissione concederebbe più tempo all'Ungheria, sperando così in un suo si allo sblocco del sesto pacchetto di sanzioni contro Putin, che tenta il pugno di ferro in una dimostrazione di forza a tratti poco incisiva. Da una parte il pugno sul tavolo: no allo scambio con i prigionieri di Azov, servono a mostrare alla Russia che la guerra è stata fatta per denazificare l'Ucraina e l'intenzione è quella di una nuova Norimberga. Putin vuole un processo politico farsa, ad uso e consumo dell'opinione pubblica russa. Dall'altra però, la richiesta: non inviare altre armi. Tutto questo, mentre Mosca testa, in risposta, l'ennesimo supermissile a gridare la sua forza. Anche se l'ambasciatore russo in Gran Bretagna assicura: la Russia non utilizzerà armi nucleari tattiche.