Brutte notizie per la libertà di stampa in Ungheria e, dunque, in Europa. Chiude a Budapest il Nepszabadsag, storico quotidiano liberale ungherese, una delle poche voci critiche rimaste nel Paese. Lo ha annunciato ufficialmente l’editore, una società austriaca, secondo il quale il giornale aveva accumulato un passivo oramai insostenibile e che, in attesa di trovare una soluzione, la pubblicazione sarebbe stata comunque sospesa. Il comitato di redazione del giornale, che occupa oltre duecento giornalisti e dodici corrispondenti nel mondo, ha definito il comportamento dell’azienda inaccettabile e criminale, affermando che il giornale sarebbe stato già venduto a un imprenditore vicino al Premier Orbán e che tutti i dipendenti hanno ricevuto una lettera di licenziamento, evidentemente pronta da tempo e fatta partire solo dopo l’esito insoddisfacente del referendum antiimmigrati voluto dal Governo, che domenica scorsa, contrariamente alle previsioni, non ha raggiunto il quorum. Forte della sua sconfitta, che nei discorsi ufficiali continua a spacciare per trionfo, il Premier Viktor Orbán, anziché prenderne atto e frenare sulle istanze populiste e neonazionaliste, accelera dunque e rilancia, riducendo ulteriormente, da un lato, gli oramai esigui spazi lasciati all’opposizione, il Governo controlla di fatto tutte le reti televisive, e, dall’altro, annunciando una proposta di riforma costituzionale che consenta al Parlamento, dove detiene la maggioranza assoluta, di porre il veto alle direttive europee. Lo scorso marzo, un altro caposaldo della cultura ungherese era stato chiuso: la Casa Archivio del filosofo marxista György Lukács, fondatore della cosiddetta Scuola di Francoforte e ispiratore dell’esistenzialismo francese.