Un voto segnato da proteste, guerriglia e morti. Il Venezuela, nel giorno delle elezioni per la nuova Assemblea costituente, è un Paese allo sbando in preda al caos e alla violenza. Per tutta la giornata ci sono stati scontri con i blindati in piazza contro i cortei e a terra numerosi corpi. Anche un candidato alle elezioni di 39 anni e un giovane politico del partito di opposizione Azione Democratica sono stati uccisi nella notte tra sabato e domenica. Il popolo da mesi manifesta, nonostante i divieti e la repressione governativa, contro la riforma che trasferisce maggiori poteri al Presidente Nicolàs Maduro togliendoli al Parlamento, controllato dalle opposizioni. Mentre il Governo ha continuato ad assicurare che nel Paese regna la calma e ha definito le elezioni un successo storico del chavismo, un voto per la pace – ha detto il capo dello Stato – l’opposizione venezuelana ha chiesto di disconoscere la votazione e ha denunciato la violenta repressione messa in atto dalle forze armate, che hanno vigilato sulle urne per l’intera giornata anche con cecchini sui tetti sdraiati pancia a terra e con i fucili puntati. Colombia e Perù hanno assicurato che non riconosceranno l’esito delle elezioni mentre gli Stati Uniti, secondo il Wall Street Journal, stanno valutando l’imposizione di sanzioni contro l’industria petrolifera del Paese, un progetto che metterebbe a dura prova la già devastata economia con l’inflazione altissima e i beni di prima necessità che cominciano a scarseggiare. Intanto, non si interrompe il tentativo di mediazione del Vaticano con Papa Francesco e la Segreteria di Stato impegnati a cercare una soluzione alla crisi che sia pacifica e democratica. Impossibile stabilire l’affluenza alle urne, poiché ai giornalisti è stato vietato di avvicinarsi ai seggi elettorali. Quelli che ci hanno provato sono stati brutalmente bloccati ed è stato tolto loro il materiale.