“Non ho dubbi: l’obiettivo era l’uniforme”. È sconvolto il capo della polizia di San Antonio, in Texas, William McManus, nel raccontare la caccia all’uomo, ancora aperta, dopo l’uccisione a freddo di uno dei suoi agenti di fronte alla stazione di polizia. Benjamin Marconi stava scrivendo una contravvenzione nell’auto di servizio, quando un uomo nero, appena uscito dalla stazione di polizia, gli ha sparato alla testa dal finestrino aperto, senza lasciargli scampo in quella che, secondo le forze dell’ordine, ha tutta l’aria di un’imboscata. Mentre la memoria corre agli agguati contro la polizia di Dallas e Baton Rouge, si contano i morti. Con Marconi, dall’inizio dell’anno, sono 58 gli agenti uccisi negli Stati Uniti, già il 30 per cento in più rispetto allo scorso anno. Questo fine settimana è stato particolarmente violento: altri 3 poliziotti, infatti, sono rimasti feriti in varie parti del Paese, in episodi che spesso sono difficili da leggere se non come attacchi mirati. È il caso di un agente, veterano di guerra e padre di tre figli, a Saint Louis, nel Missouri, a cui hanno sparato mentre era in macchina all’improvviso. L’uomo è stato colpito al volto ed è in condizioni critiche, ma stabili. Ferite più superficiali, invece, per un poliziotto a cui hanno sparato a Sanibel, in Florida, mentre dirigeva il traffico e per un altro agente colpito mentre provava ad arrestare un minore sospetto, morto nella colluttazione a Kansas City. Tutto questo solo nella giornata di domenica. Una scia di sangue che, dopo mesi di tensioni continue, soprattutto fra la comunità nera e le forze dell’ordine, viene considerata preoccupante, dato che questi omicidi appaiono ad occhi esperti come esecuzioni che potrebbero non restare isolate.