Dopo le minacce interne contro il Parlamento, procuratrice generale, dirigenti dell’opposizione e stampa indipendente, Maduro sfida Trump e la comunità internazionale. “Le sanzioni annunciate da Washington mostrano il livello di disperazione e di odio che l’inquilino della Casa Bianca nutre contro di me”. Con questa dichiarazione, il Presidente venezuelano risponde all’annuncio delle sanzioni varate nei suoi confronti dall’Amministrazione americana per cui ogni asset posseduto o a lui riconducibile negli Stati Uniti sarà congelato. A due giorni dal contestato voto per l’elezione dell’Assemblea costituente, che si insedierà tra ventiquattro ore e avrà il compito di riscrivere la Costituzione, continuano le violentissime proteste, che in quattro mesi hanno provocato oltre 120 morti, 14 nella sola giornata di domenica, e quasi 2.000 feriti. Per il Governo il risultato è un successo storico, con l’affluenza al 41,5%. Per l’opposizione, invece, l’astensione raggiunge l’87%. Il Presidente delle Camere parla di uno scenario di scontro violento perché l’opposizione, che detiene la maggioranza in Parlamento, non vuole cedere la sede del legislativo all’Assemblea Costituente di cui non riconosce la legittimità. Gli fa eco la procuratrice generale: “Queste elezioni sono uno schiaffo al popolo e alla sua sovranità”, ha detto. La procuratrice ha chiamato i cittadini a disconoscere l’origine, il processo e il presunto risultato di questa Costituente immorale. Si è rivolta alla comunità internazionale il leader dell’opposizione, Leopoldo Lopez, che chiede di non riconoscere il voto e denuncia la brutale repressione della protesta. Molti sono i paesi che parlano di voto illegittimo, Messico, Colombia, Perù, Argentina e Cile. Anche l’Unione europea ha condannato l’elezione voluta da Maduro. Fuori dal coro Bolivia, Salvador e Nicaragua, che formalmente hanno riconosciuto l’Assemblea Costituente.