“Ritengo inaccettabile che i Comuni, che sono i soggetti che erogano servizi essenziali, si debbano sobbarcare l’incapacità di un Governo, in questo caso il Governo Gentiloni, di dare le risorse, in questo caso 61 milioni di euro dovuti ai cittadini. Se alla luce di due sentenze che ci danno ragione, che danno ragione al Comune di Torino, il Governo non vuole adempiere, noi siamo pronti a far nominare un commissario ad acta per andare a prendere quelle risorse”. Chiara Appendino batte cassa al Governo: 61 milioni di euro, ma la dimensione finanziaria del complesso dei cosiddetti arretrati IMU è molto più preoccupante per le finanze pubbliche. Sarebbero 600 milioni quelli che lo Stato dovrebbe trasferire ai Comuni per una storia che ormai investe la giustizia amministrativa nei suoi vari gradi di giudizio, TAR, Consiglio di Stato, eventualmente la Corte costituzionale. Il problema nasce nel 2012, con il decreto Salva-Italia, Governo Monti. C’è scritto che l’ICI, Imposta Comunale sugli Immobili, non c’è più, anzi, c’è, ma si chiama IMU e lo Stato se ne prende il 30 per cento. Il Governo però si impegna a mantenere invariato il gettito dei Comuni, e il nodo è qui. Lo Stato avrebbe sottostimato le entrate comunali, quindi avrebbe trasferito sui territori meno di quanto dovuto. Per rimediare, non basta nemmeno la creazione del fondo di perequazione ICI-IMU che parte con 60 milioni, arriva a 415 e ora ne ha 390, ben lontano da quei 600 milioni che Guido Castelli, Sindaco di Ascoli Piceno e massimo esperto di finanza locale all’interno dell’ANCI, ha valutato essere la cifra totale che i Comuni devono avere dallo Stato. Solo Lecce, che ha indirizzato un’ingiunzione al Governo, ha ottenuto i 16 milioni che gli spettavano. Torino vuole fare lo stesso. È probabile che altri seguiranno. Padova e altri 44 Comuni veneti hanno già fatto ricorso al TAR, che lo ha accolto ma non ha quantificato il dovuto. Per questo, il Ministero dell’Economia prende tempo e presenterà i suoi ricorsi fino all’ultimo grado di giudizio, la Consulta, forte di una serie di accordi firmati con l’ANCI, sui valori di riferimento dell’ex ICI, al di sotto di quelli oggi oggetto del contenzioso. Comunque, tempi lunghi. Bisogna prima trovare i soldi per la manovra correttiva chiesta dall’Europa e poi per la prossima legge di bilancio, che si annuncia pesante assai. I Comuni possono aspettare. Almeno per un po’.