È davanti a una Sala Koch strapiena di parlamentari che Mario Draghi illustra in Senato il suo piano per la competitività europea, quello già presentato a settembre a Bruxelles e che adesso lui stesso ribattezza più un piano industriale, visto un tale mutamento degli eventi. E il mutamento principale è legato alla diversa e inedita posizione sullo scenario internazionale dell'alleato statunitense, con anche il tema dei dazi e la necessità, a questo punto, di pensare a difenderci da soli. "La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento della politica estera del nostro maggior alleato rispetto alla Russia, che con l'invasione dell'Ucraina, ha dimostrato di essere una minaccia concreta per l'Unione Europea". Quindi diventa cruciale superare l'impostazione nazionale e agire come un solo Stato, non solo in tema di eserciti, avverte Draghi, e adesso serviranno molti più soldi degli 800 miliardi di euro di cui parlava già il suo piano e non basterà l'intervento privato. Quindi la soluzione è obbligata: fare debito comune. "La difesa comune dell'Europa diventa pertanto un passaggio obbligato. Gli angusti spazi di bilancio non permetteranno ad alcuni Paesi significative espansioni del deficit. Il ricorso al debito comune è l'unica strada. Draghi conclude ricordando che l'Europa è sempre più povera, che in una guerra commerciale è la più debole perché importa troppo, che è inevitabile cambiare le regole dell'Unione, in particolare, limitare il ricorso all'unanimità, e muoversi invece verso decisioni prese con maggioranze qualificate. In Sala Koch, dai parlamentari contrari al riarmo come i leghisti e i Cinque Stelle, domande anche taglienti, ma rispettose. Fuori, poi la Lega fa un post per attaccare le frasi di Draghi su Trump, dicendo che non è lui a mettere in discussione la nostra sicurezza, bensì i troppi clandestini che l'Europa ha fatto entrare.