Un allarme e una proposta. Mentre il Governo studia nuove regole per combattere l’evasione fiscale, dalla Corte dei conti arriva l’ennesimo allarme su quanto fatto finora. Se davvero, stando ai numeri snocciolati dal Sottosegretario alla Presidenza Maria Elena Boschi, il Fisco recupererà nell’intero 2017 circa venti miliardi di euro, le somme sottratte all’evasione continueranno a crescere. C’è da dire che per raggiungere quella cifra viene conteggiata, ad esempio, anche la rottamazione delle cartelle esattoriali, una sanatoria che non è proprio sinonimo di lotta dura contro chi sfugge all’Erario. In chiave 2018, in ogni caso, l’Esecutivo sta studiando misure da inserire nella manovra, tra queste strumenti per facilitare l’emersione dei contanti nascosti. Ipotesi non nuova, ma che si era arenata in passato per i timori che misure simili possano essere usate per ripulire denaro proveniente da fonti illecite, insomma per il rischio riciclaggio. Ma scrivere nuove regole è inutile, se poi non si mettono in pratica: è il monito, l’ennesimo, arrivato dalla Corte dei conti. I giudici contabili in particolare puntano il dito contro l’Agenzia delle entrate, che non ha mai fatto partire la cosiddetta “anagrafe finanziaria”. È uno strumento nato più di dieci anni fa, che era stato rilanciato con forza nel decreto “Salva Italia”, quello del Governo Monti, a fine 2011. Un vero censimento che avrebbe dovuto servire per tracciare una mappa più precisa dei cittadini a rischio evasione e rendere così più mirati i controlli, addirittura con relazione annuale al Parlamento. Mai fatto, né l’uno né l’altro, denuncia la Corte, che prova a individuare il motivo: la legge disegna uno strumento monco, che monitora, ad esempio, l’apertura e chiusura di un conto corrente bancario, ma non la parte significativa, movimenti e saldi. Forse andrebbe rivista anche quella norma.