Governo verso fiducia su dl cura italia, no da Lega

07 apr 2020
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La transizione sarà lunga. Prudenza quindi su tutta la linea. Il Governo da un lato guarda la ripartenza, ma più che al quando, cerca di capire e pianificare il come. Una data, infatti, ancora non c'è e bisognerà adattarla all'andamento della diffusione del contagio che pur registra segnali incoraggianti. Ripartenza vuol dire pianificazione economica, decreti e provvedimenti all'orizzonte, ma innanzitutto regole e comportamenti e organizzazione nella riapertura. La fase due potrebbe cominciare tra non molto, ma in due momenti. Gradualità è quindi la parola d'ordine nella ripresa delle attività. Senza accelerazioni che rischiano di vanificare i sacrifici fatti fin qui. Questa è la raccomandazione che arriva dalla lunga e partecipata riunione tra Governo e comitato tecnico-scientifico. Un approfondimento importante, un approfondimento sui numeri sulla condizione generale e sulle valutazioni scientifiche che noi con grande rigore abbiamo sempre ascoltato e preso in considerazione. Poi la politica deciderà e si assumerà delle responsabilità. Sul piano economico da un lato si guarda al cosiddetto decreto aprile, il corposo provvedimento che secondo le indiscrezioni dovrebbe aggirarsi intorno ai 35-40 miliardi e il percorso parlamentare del cura Italia. Su entrambi i fronti si riaccendono le tensioni con le opposizioni per nulla soddisfatte dall'esito della cabina di regia a Palazzo Chigi dove, all'ascolto, secondo l'accusa non sono seguiti i fatti. E cioè il recepimento delle istanze e delle proposte presentate. Negli Stati Uniti finanziano le imprese in sette minuti. In Italia nessuno sa quando arriveranno i 400 miliardi a causa dei ritardi del Governo della burocrazia e delle indispensabili autorizzazioni di Bruxelles, così le imprese finiscono sull'astrico. Non è il momento di dividersi, dice Matteo Salvini, ma la Lega di fronte all'intenzione del governo di chiedere per giovedì al Senato il voto di fiducia sul decreto cura Italia, annuncia già il suo no. Ribadisce che se da un lato non ci sarà ostruzionismo di certo non ci sarà neanche collaborazione. E Giorgia Meloni accusa, smascherata la farsa sulla condivisione delle scelte.

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