In attesa delle modifiche, ritenute dallo stesso Governo, necessarie, pur nel tira e molla politico, il reddito di cittadinanza ha dei costi e dei numeri che raccontano di un meccanismo, che a detta dell'INPS stessa, funziona in modo farraginoso e non sempre equo. Secondo i dati relativi agli ultimi tre anni, alcune cose saltano agli occhi subito, come lo svantaggio per le famiglie numerose rispetto ai single, lo svantaggio delle famiglie del nord rispetto a quelle del sud per via del costo della vita, il fatto che due terzi dei percettori del sussidio non siano rioccupabili, per motivi che vanno dal grado di istruzione al fatto che appartengono a categorie svantaggiate. E resta aperto il nodo delle politiche attive per il lavoro, che al momento, non stanno funzionando come dovrebbero. C'è stato il Covid di mezzo e questo spiega come le famiglie che hanno usufruito per almeno un mese del reddito di cittadinanza siano passate da poco più di 1 milione nel 2019 a oltre 1 milione e mezzo nel 2020 e quasi 1 milione e sette nel 2021. Ma a crescere, in paragone, sono state soprattutto le richieste dei single e di pari passo è salito il costo per lo Stato, che è passato dai 433 milioni di euro al mese nel 2019, ai 595 dell'anno scorso, fino ai 722 milioni di quest'anno. La misura, insomma, costa ora il 67% in più rispetto a quando è nata. I 200 milioni per il rifinanziamento fino al 31 dicembre sono già stati approvati, ma per 2022 servirebbe almeno 1 miliardo in più, rispetto a quanto messo in bilancio. Sono questi i temi dell'agenda di Governo per rivedere un provvedimento che comunque, lo stesso Draghi, ha definito utile in questo momento per il contrasto alla povertà.