Referendum: dal 1946 a oggi tra voti e urne vuote

18 apr 2016
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Per una Repubblica nata da un referendum, quello del 2 giugno del 1946, potrebbe sembrare un paradosso, ma certo, da un bel po’ di anni a questa parte, l’istituto della consultazione referendaria sembra aver perduto interesse e tanti di quei quesiti formulati per gli italiani sono rimasti per la maggioranza domande senza risposta. Disaffezione degli elettori, temi ostici o lontani, i numeri tali restano e raccontano, invece, di un Paese che fino agli anni Ottanta ha votato in massa: quasi il 90 per cento nel 1974 per il divorzio; l’80 per cento, quattro anni dopo, sull’ordine pubblico, la legge Reale, e sul finanziamento ai partiti. E poi, ancora, dall’ergastolo all’aborto, la lunga infornata di referendum proposti dai Radicali movimentavano, tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, più o meno l’80 per cento degli italiani. Ancora, negli anni Novanta e agli albori della seconda Repubblica, dire “sì” o “no” era qualcosa che gli italiani facevano in gran numero: che si trattasse di esprimersi sulla privatizzazione della RAI, sulle concessioni tv o sulla legge per eleggere i sindaci, quasi il 60 per cento degli elettori amava pronunciarsi. I referendum per vent’anni hanno segnato la fine e l’inizio delle fasi storiche della nostra democrazia, dalla crescita delle Sinistre alla fine della Repubblica dei partiti. Poi le cose sono decisamente cambiate. Dal 1997 al 2009 ben 25 referendum non raggiungono il quorum: da quello sulle carriere dei magistrati all’abolizione del voto di lista alla Camera e dall’abrogazione dell’articolo 18 o la sua estensione a tutti i lavoratori, fino alla procreazione medicalmente assistita, quel 50 per cento più uno dei votanti resta un miraggio. Anche quelli costituzionali, per i quali non è previsto il quorum, non scaldano il cuore. Nel 2001 sulla riforma del Titolo V non si supera il 35 per cento. Andrà meglio, qualche anno dopo, a quello sulla Seconda Parte della Costituzione. Nel 2006 vota il 52 per cento degli italiani. A ben vedere, nell’ultimo periodo una certa inversione di tendenza, in realtà, si è registrata. Certo si tratta di referendum fortemente connotati, tanto che oltre il 94 per cento dei votanti si è espresso in una sola direzione. Ma il dato numerico dice che nel 2011 più del 50 per cento degli italiani decide di dire la sua su acqua pubblica, legittimo impedimento e nucleare.

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