Giovedì 3 febbraio il Presidente della Repubblica appena rieletto, Sergio Mattarella, nel suo discorso ha pronunciato queste parole. Mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della Giustizia. Poco prima, nello stesso giorno, il Presidente del Consiglio Draghi ha incontrato la Ministra della Giustizia Marta Cartabia, quasi pleonastico aggiungere che le parole del Capo dello Stato sono state naturalmente applaudite da tutti. Dietro gli applausi però c'è una spaccatura profonda, che blocca la riforma, che è pronta da dicembre. Doveva essere discussa prima di Natale ma è stata tenuta in pit stop per le crescenti tensioni tra partiti. Ora che il presidente è stato eletto la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura ed il futuro della giustizia è uno dei veri crocevia della maggioranza. La Ministra Cartabia ha pronti gli emendamenti ed ora è decisa ad accelerare. Il nocciolo è il sistema di elezione dei magistrati che accederanno a Palazzo dei Marescialli, l'organo di autocontrollo delle toghe che ha subìto diversi colpi alla sua credibilità. Tutti sono d'accordo su due necessità ma ognuno ha la sua ricetta, eliminare il peso delle correnti e sbarrare le porte girevoli tra magistratura e politica che verranno bloccate per sempre. Il tempo sta scadendo, a maggio bisognerà rinnovare le cariche delle toghe. L'intenzione del Governo è di arrivarci con nuove regole. Bisognerà però che la maggioranza trovi la voce per rispondere all'appello che arriva dal Presidente della Repubblica. Il 21 giugno del 2019, per la prima volta, Mattarella definì urgente la riforma a seguito del caso Palamara, sono passati 960 giorni.