Al PAC il viaggio di RI-SCATTI nelle carceri milanesi

11 ott 2022
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I lunghi corridoi vuoti, il tempo che non passa mai e che poi improvvisamente si ruba un'intera vita, ma anche nuove opportunità e possibilità inaspettate. C'è l'ansia, lo sconforto, il desiderio di rivincita dietro le fotografie in mostra fino al 6 novembre al PAC di Milano. Ci sono le storie raccontate negli scatti fatti dai detenuti e dagli agenti di polizia penitenziaria delle carceri milanesi, grazie al nuovo progetto della Onlus Ri-Scatti. 11 mesi di corso per raccontare la realtà del carcere dal punto di vista di chi lo abita e di chi lo vive per lavoro. "Consentire alle persone detenute di avere in piena libertà, in autonomia una macchina fotografica è come aver consentito che l'occhio esterno stesse con loro". Un racconto intenso, duro, ma anche estremamente importante. "Penso che sia una grande occasione per chi la visita, per chi vede le immagini per riflettere, per rendersi conto che dentro c'è un mondo grande, un mondo complesso, un mondo vivo di sofferenza, ma anche di tanti sacrifici e di tanti successi". Fotografie crude e toccanti che raccontano il carcere anche attraverso gli occhi di chi porta una divisa e crede fermamente in quello che fa. "Vivendo ogni giorno quelli che possono essere momenti belli, piuttosto che brutti, noi siamo degli uomini, quindi anche noi abbiamo il peso delle chiavi che non è un peso solo fisico, ma è un peso più che altro morale e naturalmente sentire anche il senso della responsabilità stessa del nostro lavoro, quanto siamo gli utenti finali di dover trasportare nella realtà quello che è scritto sui libri di legge". Carceri affollate di detenuti, ma soprattutto di esseri umani per i quali è necessario mantenere viva la speranza di un riscatto. "Le foto e le immagini non ritraggono dei momenti di solitudine, non trasmettono infatti un senso di alienazione o un senso anche di distacco dal mondo. C'è una ricerca del bello e cercare il bello significa dare dignità al contesto in cui si vive e questo è possibile solamente se si riconosce la dignità delle persone".

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