Una delle signore della moda italiana perfetta commistione tra disciplina e gentilezza e, ancora, un sapiente equilibrio tra artigianato e innovazione, metodo e intuizione. Con Carla Fendi, quarta di cinque sorelle, scompare uno dei simboli della moda degli anni Ottanta e Novanta, tra le prime a conquistare il difficile mercato statunitense che studiò nella bottega dell’allora giovane ma già divino Karl Lagerfeld e che seppe prima di tutti capire l’importanza del marketing, della comunicazione e dell’immagine di un prodotto, tanto da dedicarci una vita intera. Spentasi a ottant’anni a Palazzo Ruspoli a Roma, era malata da tempo, complicazioni polmonari che le avevano resi decisamente difficili gli ultimi anni di vita, almeno gli ultimi tre, da quando il suo amato marito Candido se n’era andato. Era stato lui – diceva lei – a farla diventare negli anni un’appassionata mecenate e sostenitrice dell’arte, del cinema, della letteratura, in una parola della bellezza come cultura e formazione tanto da indurla a creare la Fondazione “Carla Fendi” e legarsi al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Erano state le pellicce, inutile negarlo, a creare la fama del marchio e a portare ricchezza in famiglia. Figlia di artigiani pellettieri, era stato il padre a credere per primo nel nome Fendi, che andrà lontano – diceva – perché è corto e suona bene in tutte le lingue. E proprio in tutte le lingue hanno amato quelle pellicce prima e quelle borse grandi a tracolla e fatte con innovativi materiali poveri. Poi arrivarono, infine, i francesi e il gruppo nel 2000 fu ceduto a LVMH ma lei rimase presidente onorario della griffe, gentile ma imprenditrice come sempre.