Il ricordo più bello è stato quando gli chiesi nell’81 un autografo, su una fotografia in bianco e nero, e lui ci scrisse “Giudizio, Carlo, giudizio. Col mio paterno affetto, Alberto Sordi” ma paterno lo sottolineò due volte. Questa sottolineatura del paterno, dico: “Vuoi vedere che questo prima o poi farà il ruolo di un padre e io di un figlio? Chi lo sa?” Così è stato. I miei genitori dicevano: “Il grande Alberto Sordi, il grande Alberto Sordi, che abita di fronte casa nostra. Il grande Alberto Sordi, quel grande attore” e allora io andai ad esplorare e capii che di fronte alla mia camera da letto c’era la camera da letto di Alberto Sordi, quando abitava in Via dei Pettinari. Praticamente con dei sassetti contro i vetri, lo chiamavo per potere vedere che faccia aveva questo Alberto Sordi. Ero molto piccolo, non vedevo film di commedia, vedevo al massimo i western, i Macisti, gli Ercoli. Un sasso beccò un vetro in maniera direi abbastanza forte, uscì un faccione e mi disse: “Vai via, Sordi dorme. Vattene via, regazzì”. Mi trattarono male, poi non capii mai se era la sorella o lui che mi aveva detto “Vattene via, regazzì” perché erano uguali, quando li vidi per strada non sapevo chi mi aveva trattato male nel mandarmi via.