Moma di New York dedica retrospettiva a sorelle Rohrwacher

03 dic 2019
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In passato il MoMA ha dedicato retrospettive ad autori del calibro di Pasolini, Bertolucci, Antonioni. Come vi siete sentite quando avete scoperto che questa volta eravate state scelte voi? “È stato emozionante quando ce l'hanno comunicato ed entrambe, forse per la prima volta, ci siamo guardate indietro e abbiamo visto sia i lavori fatti fino ad oggi, e sia ci siamo accorte che a un certo punto le nostre strade si sono unite, e che quindi anche quello che poi abbiamo fatto insieme ha dato vita a una storia, che è la storia che ci riguarda”. “Sì, è stata una cosa... una grande sorpresa. Ci sono tutta una serie di rinnovamenti al MoMA, e ci hanno detto che erano molto contenti di rinnovarsi anche nell'idea di poter fare una retrospettiva su di noi, non, diciamo, alla fine di una carriera, ma nel mentre”. Come racconti nel film “Le meraviglie”, voi siete cresciute negli anni '80, che erano degli anni molto diversi nel nostro Paese, degli anni che avevano visto la fine in parte del terrorismo, degli anni di benessere economico. L'Italia di oggi è quella che vi immaginavate allora oppure no? È meglio o è peggio? “Credo che il Paese che abbiamo, che ci troviamo adesso, viene da lontano, e siamo tutti parte di questo Paese. Viene da lontano nel senso che, comunque, è figlio di un genocidio dell'immaginario culturale, che è stato operato con grande attenzione, e che quindi da una parte ha distrutto qualcosa che ancora, diciamo, ci faceva comunità. Nonostante questo, dall'altra io penso che non posso dire che ho fiducia, ma sono pronta a vedere un cambiamento. Appunto, è pessimismo della ragione e ottimismo della volontà”. Il Me too negli Stati Uniti ha portato una vera e propria rivoluzione nel mondo del cinema, sia per il mondo delle attrici sia per quanto riguarda invece le registe, le produttrici, le autrici. Allora, vorrei cominciare da te, Alba. In Italia è stato così o in realtà c'è ancora molto da fare per ottenere una vera parità, e soprattutto per portare avanti delle battaglie che appartengono alle donne? “Sì, certo, per l'equità di salario; diciamo, noi siamo un po' indietro, però piano piano si sta creando una maggiore attenzione e abbiamo anche creato un gruppo, insomma, che lavora per questo”. “Io dico che se fossi stata un uomo avrei voluto più registe donne. Io credo che è un problema degli uomini che non vogliono registe donne, nel senso che sono i primi a perdere qualcosa. Ancor prima delle donne, sono tutti, e in particolare gli uomini, nel senso che questo lavoro è anche... nasce dalla grande possibilità che ci dà il vedere con occhi altrui. Perché vado al cinema? Perché voglio vedere il mondo con gli occhi di un altro, e vedere gli occhi... vedere il mondo con gli occhi di una donna è interessante penso per tutti”. Com'è lavorare con la propria sorella come regista, per di più la sorella più piccola? C'è buona intesa? C'è stata buona intesa tra voi sul set? “Il nostro alfabeto è immediatamente decifrabile. L'uno sa decifrare quello dell'altra immediatamente, e quindi c'è una sensazione di facilità nel lavoro e di creatività immediata, ovvero tutte le energie vanno immediatamente dentro il lavoro, e non affinché ci sia una comprensione per cui poi si possa iniziare a lavorare”. Lavorerete presto di nuovo insieme? Lo avete già fatto in “Lazzaro felice”, ne “Le meraviglie”. Ci sono nuovi progetti? “Sicuramente sì”. “Lei è più piccola di me, però è comunque la regista, quindi è lei che decide, però poi lei mi propone una cosa e poi lì, allora, sarò io a decidere”.

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