È noto ed è centrale da un decennio, ma è la prima volta che il dibattito sulla responsabilità legale e non delle piattaforme social per i contenuti pubblicati dagli utenti potrebbe essere davvero vicino ad una svolta negli Stati Uniti. L'audizione del CEO delle big hi-tech Facebook, Google e Twitter e virtuale causa covid, ma serrata, davanti alla commissione del Congresso americano, la prima dopo l'assalto del 6 gennaio quando i sostenitori dell'ex Presidente Trump aizzati da false notizie su brogli hanno fatto irruzione al Congresso, nel titolo la sostanza dell'interrogazione this information Nation, il ruolo dei social media nel promuovere l'estremismo e la disinformazione. L'accusa ai social è di non aver bloccato quei profili, quei video, le chat che hanno incitato all'odio e che più recentemente sono negazioniste nei confronti del covid e la propaganda anti vaccino. Non abbiamo più fiducia in voi e nella nostra capacità di autocontrollo, è l'accusa dei senatori agli algoritmi protettivi dei social, una vera graticola per Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, che nelle passate audizioni aveva promesso autocontrollo su questi temi, come terrorismo, pedofilia e fake news, anche Jack Dorsey, l'amministratore delegato di Twitter, il social prediletto per gli strali del Presidente Donald Trump si difende come Sundar Pichai, l'amministratore delegato di Google, la società madre di YouTube, i CEO delle big tech sfruttano l'ombrello della legge sulle telecomunicazioni, la famosa sezione 230, che negli ultimi 25 anni ha reso internet il foro di libera espressione che è oggi. Zuckerberg dopo avere ricordato che la polarizzazione nei social è solo lo specchio della politica e della società ha esortato il Congresso ad aggiornare quella legge e a garantire che funzioni come previsto.