Il 20 gennaio un focolaio Covid colpì il reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Gela, città di 75.000 abitanti sulla costa meridionale della Sicilia. Medici e infermieri furono contagiati, il reparto venne chiuso, sette pazienti trasferiti al nosocomio di Caltanissetta, 70 km di distanza. In sei non ce l'hanno fatta e tra loro il caposala in pensione Federico Lombardo 64 anni. "Noi non diamo la colpa dell'accaduto ne al personale sanitario dell'ospedale di igiene, tantomeno a quello di Caltanissetta. Noi diamo la colpa a chi ha deciso e poi a chi ha approvato che la terapia intensiva di Gela chiudesse. A chi ha deciso che sette pazienti fragili venissero trasportati in ambulanza per 80 km. Pazienti che fino al giorno prima non potevano essere spostati nemmeno per un esame di controllo." I familiari delle vittime si sono riuniti in un comitato e hanno presentato un esposto in Procura contro quella che definiscono una scelta dettata da motivi organizzativi e non sanitari. "Bastava spostare 2 medici all' interno della stessa Asp, presso la terapia intensiva di Gela che questo problema non si sarebbe posto, e invece hanno preferito spostare 7 pazienti intubandoli, portandoli a Caltanissetta unitamente anche a 11 infermieri." Fu una scelta obbligata, dice invece il Direttore Generale dell'Asp per non lasciare sprovvisto il reparto che nel presidio di Caltanissetta aveva più posti letto a disposizione. "La situazione della Provincia di Caltanissetta è di grave carenza del personale, anestesisti e rianimatori. Pertanto al decisione da prendere a garanzia di tutti i ricoverati, a garanzia di quelli che potevano essere ricoverati nei giorni successivi è stato di trasferire i 7 pazienti di Gela. Preciso che il trasferimento è avvenuto con ambulanza medicalizzata, il medico a bordo era un medico anestesista, attrezzata come una terapia intensiva e quindi con il trasporto è stato fatto in assoluta sicurezza.".