Quasi mille anni di democrazia pesano sui mattoni ocra e le guglie appuntite del Palazzo di Westminster. È il simbolo della divisione dei poteri, del sovrano che deve piegarsi alla volontà dei rappresentanti del popolo, il King-in-Parliament, che è la negazione di ogni monarchia assoluta, di ogni dittatura, di ogni potere senza controllo. Chiunque abbia voluto colpire questo edificio sapeva perfettamente che andava a ferire il simbolo stesso della democrazia occidentale. Come il Bataclan era il simbolo delle libertà, come Nizza era l’attacco alla Festa della rivoluzione e delle famiglie. La Gran Bretagna non ha una costituzione scritta, quasi a dire che ci sono valori che vanno conquistati giorno per giorno, senza darli mai per scontati. Ma sai quant’è corta adesso la nostra memoria, spappolata fra populismi veri e presunti, demagogie, corruzioni, finte libertà. Nel Palazzo di Westminster si entra come turisti curiosi, forse devoti. Qui hanno vissuto glorie e disonori tanti leader, da Gladstone a Eden, da Thatcher a Blair. Sui banchi verdi della Camera dei Comuni sono andati in scena per secoli il dramma e la commedia della rappresentanza, scontri verbali, duelli dialettici, voti a sorpresa, intrighi, dichiarazioni, doppie verità e giravolte. Il teatro della politica, ma anche il cuore forte del nostro sistema, che sarà sicuramente in crisi, tutto da ridisegnare e da ripensare, senza malinconie, ma come diceva un signore che quegli scranni ha frequentato a lungo, Winston Churchill, la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora.