È arrivato a Roma in tarda mattinata il padre di Finnegan Lee Elder, il reo confesso, colui che ha detto di aver accoltellato e ucciso il Vicebrigadiere Cerciello Rega con undici pugnalate. Non ha parlato ai giornalisti, ha solo detto “Voglio vedere mio figlio” ma non ha potuto ancora farlo, le visite a Regina Coeli si chiudono alle 14:00. La madre dagli Stati Uniti ha invece detto “Mio figlio è un ragazzo riflessivo, se ha agito così è perché si sentiva evidentemente minacciato”. Parole forti che inevitabilmente colpiscono. I due americani in carcere hanno incontrato i loro legali, che prima avevano partecipato con gli inquirenti a un nuovo sopralluogo nella stanza d'albergo in cui alloggiavano e sono stati fermati. Poche le parole rilasciate ai cronisti. “E' un ragazzo molto provato”. “Sulla questione dell'interrogatorio siete convinti che sia stato svolto con tutte le garanzie?” “Adesso su questo stiamo studiando e stiamo verificando tutte le cose. Adesso è prematuro, siamo stati investiti di questo incarico ieri pomeriggio, adesso stiamo facendo tutti gli accertamenti e le letture del caso”. “La famiglia è qui?” “Sì”. “E l'ha visitato, lo visiterà? Già l'ha visitato?” “Sì”. “Oggi?” “Oggi”. Gabriel Natale Hjorth è l'altro corresponsabile, quello la cui foto con benda sugli occhi ha fatto il giro del mondo. Il sottufficiale che lo aveva bendato, già trasferito ad altro reparto non operativo, è ora indagato per abuso di autorità in mezzi di costrizione. E intanto per la prima volta si fa sentire Sergio Brugiatelli, il tramite tra i due giovani e il pusher che ha venduto loro aspirina al possono della coca, l'uomo da cui tutto è partito con la denuncia ai Carabinieri del furto del proprio borsello da parte dei ragazzi. Attraverso il suo legale fa le condoglianze alla famiglia di Mario che “mi ha salvato la vita” dice, poi “non sono un intermediario di pusher né un informatore della Polizia. Ho chiamato i Carabinieri perché gli americani mi hanno minacciato. Sapevano ormai dove abito. Ho avuto paura”.