Bugie, affari, politica. Lì, in un angolo, la verità. Tutte le strade portano al Cairo sul caso Regeni, ma quella da seguire per ottenere giustizia per Giulio divide il Governo italiano e la famiglia del ricercatore rapito il 25 gennaio 2016 e poi torturato ed ucciso. Il Governo, infatti, ha deciso di riaprire l’Ambasciata, ma Giampaolo Cantini, il diplomatico, sarà affiancato da una figura specifica che gestirà la cooperazione giudiziaria e investigativa con la Procura generale del Cairo, quella Procura che fino ad ora ha negato le immagini delle telecamere, quella che ancora non ha consegnato il fascicolo agli avvocati e alla famiglia di Regeni. Per questo, i genitori di Giulio seguiranno altre strade. Siamo pronti ad andare al Cairo, dicono, anche prima del 3 ottobre, per anticipare l’arrivo del nuovo Ambasciatore. A noi interessa capire veramente perché e chi ha dato l’okay a prenderlo, torturarlo ed ucciderlo, dice la madre. I genitori del giovane italiano sostengono di avere ben tre nomi di ufficiali egiziani che sono stati sicuramente coinvolti nelle operazioni che hanno portato alla morte del figlio. Secondo il New York Times, il Governo italiano sapeva, informato dagli Stati Uniti, ma a Palazzo Chigi negano di avere avuto prove o documenti dall’Amministrazione Obama. Le opposizioni chiedono conto dell’accaduto. I 5 Stelle invocano la riapertura immediata del Parlamento. Le porte si riapriranno ma non quelle dell’Aula perché il 4 settembre, alle 14, l’Esecutivo svolgerà un’informativa di fronte alle Commissioni esteri di Camera e Senato. A rappresentare il Governo dovrebbe esserci il Ministro degli esteri Angelino Alfano. Secondo una fonte della Farnesina, l’assenza del nostro Ambasciatore non era più uno strumento di pressione ma piuttosto una pistola scarica con il quadro mediorientale così mutato. Da qui la decisione di cambiare strategia senza dimenticare, però, Giulio. Nella lettera di incarico al nuovo Ambasciatore, infatti, un intero capitolo è dedicato al caso Regeni. Tra le altre cose, sarà intitolata al ricercatore italiano la futura università italo-egiziana e l’auditorium dell’Istituto di cultura. La memoria c’è. Ora manca la verità che andrà ricercata faticosamente tra le tortuose strade d’Egitto.