Si chiamano mancerine e sono state inventate in Spagna nel Seicento. Questo anello di porcellana consentiva di bere la cioccolata calda anche in carrozza, senza rovesciare la tazza. Quest’altra tazzina, invece, permetteva a chi potava i baffi, nell’Ottocento, di sorbire la golosa bevanda senza sporcarli. Sono solo alcune delle curiosità che si possono ammirare nel nuovo Museo del Cioccolato di Torino, dove si osserva, si odora e si assaggia. "Il cioccolato arriva a Torino subito dopo essere arrivato dal Nuovo Mondo in Spagna, è la prima città italiana che recepisce il consumo di cioccolato. Questo è un museo incentrato sul far sentire il visitatore protagonista e partecipe della storia che gli stiamo raccontando e quindi è molto immersivo, ci sono molte installazioni multimediali proprio perché vogliamo che il visitatore si senta parte del nostro racconto". 1.000 metri quadrati di esposizione, negli antichi laboratori della pasticceria Pfatisch di Torino, anno 1921. Oltre 700 oggetti. C’è l’originale macchinario per il concaggio, che tiene caldo il cioccolato per 24 ore prima della lavorazione, oppure la valigetta che a inizio Novecento portavano in giro i rappresentanti di cioccolatini, con cinque scompartimenti ben ordinati. E persino i dipinti di cioccolato, con colori alimentari. Vere opere d’arte. Ma solo da guardare. L’dea è del collezionista e produttore belga di cioccolato Eddy Van Belle, che ha fondato altri 12 musei del genere nel mondo. Certo, in questo di Torino, è anche possibile vedere dal vivo come nascono i gianduiotti. "Il gianduiotto nasce nel 1860 a Torino ed è un connubio di nocciole e cacao". "Lavorare il cioccolato è un'arte?" "Certo, certo, è un'arte. E un'arte deve anche piacere. Significa cercare sempre di fare qualcosa in più, di ottenere un qualcosa di più, di creare qualcosa in più".