È solo l'inizio. La sospensione del primario della pediatria critica dell'ospedale della mamma e del bambino di Verona, Paolo Biban e delle due dirigenti dell'azienda sanitaria, Bovo e Ghirlanda, non è che il primo passo nella ricerca delle responsabilità per l'epidemia di Citrobacter, il batterio letale che ha contaminato dal 2017 al giugno scorso un centinaio di bambini e ha provocato la morte di 4 neonati. Nel mirino della dirigenza sanitaria adesso ci sono i microbiologi. Negli ultimi due anni sono stati eseguiti oltre 3.000 tamponi con 91 pazienti risultati positivi al Citrobacter, ma nessuno lo ha comunicato ai vertici. Tamponi che confermano i sospetti delle famiglie delle vittime. Quei bambini potevano essere salvati, quell'epidemie è stata sottovalutata, i protocolli igienico sanitari della struttura del resto erano vecchi di almeno 3 anni, non tenevano in considerazione le scoperte sulla resistenza ai farmaci che certi germi hanno sviluppato. É così che il Citrobacter, portato dall'esterno nella terapia intensiva neonatale, ha potuto proliferare indisturbato nel rubinetto del reparto insieme ad altri batteri potenzialmente pericolosi. Mentre si attendono le nuove decisioni della direzione sanitaria, la procura si muove per omicidio colposo per il momento contro ignoti, un altro fascicolo è stato aperto per le minacce che camici bianchi e infermieri hanno ricevuto in questi giorni. Il personale che ha lavorato in emergenza dentro un'emergenza, non dimentichiamolo, che era quella del covid, chiaramente non aveva, non poteva nemmeno avere una visione d'insieme, nel senso che è evidente che non spetta al personale in prima linea avere il quadro epidemiologico d'insieme o preoccuparsi di comunicare gli eventi sentinella. I sindacati fanno quadrato chiedono sostegno psicologico. Ma fra i padiglioni semideserti dell'ospedale la domanda che si sente è sempre la stessa, potevano davvero non sapere?.