Vent’anni di sorrisi e nasi rossi in corsia, in un luogo dove le lacrime scendono perfino dai muri. In Italia, il primo ospedale a credere nella clownterapia è stato il Meyer di Firenze, perché l’idea, sorretta dal fondamento scientifico sulla riduzione effettiva dello stress, è che un bambino debba restare tale, anche se si trova in un ospedale, e come ogni bambino ha bisogno dell’allegria dei pagliacci, dell’intrattenimento della musicoterapia e della dolcezza della pet-therapy. “A noi talvolta piace dire che al Meyer tenersi per mano fa parte della cura, perché quel tenersi per mano dà tutto il calore che l’ospedale offre accanto all’alta specializzazione sanitaria”. Li vedi passeggiare, con i loro vestiti colorati, seguiti da mille occhi curiosi. Intervengono prima di un’operazione o a fianco dei più piccoli nei loro percorsi dolorosi, siano un banale esame del sangue o un’aspirazione midollare. Non sono medici come Patch Adams, ma pagliacci professionisti, formati dall’artista circense Olshansky. Tra i quindici dell’ospedale Meyer, le dottoresse Lungalù e Zenzero, con le loro terapie e gli esami approfonditi per una cura che non ha controindicazioni. “Questa serve per fare le puzzette profumate. Con una siringa molto piccola, un prelievo particolare, quello del puzzo di piedi”.