La tempesta in una fialetta, quella cioè scatenata dal nuovo presunto scandalo che doveva coinvolgere AstraZeneca e che si è invece sgonfiato nel giro di poche ore. Tutto è nato da un articolo sulla Stampa che parlava di 29 milioni di dosi di vaccino contro il covid nascoste negli stabilimenti di un'azienda americana con sede ad Anagni, in provincia di Frosinone, la Catalent, industria specializzata nell'infialamento dei sieri compreso proprio quello di AstraZeneca. 29 milioni di dosi che inizialmente sembrava dovessero essere destinate a Londra, cioè al di fuori dell'UE. Nonostante la ditta anglo svedese, forse in netto ritardo nelle consegne pattuite con Bruxelles. L'articolo scatena dunque sconcerto e polemiche che solo una nota di Palazzo Chigi inizia a ridimensionare. Nella giornata di sabato 20 marzo, recita la nota, la commissione europea ha chiesto al Presidente del Consiglio Draghi di verificare alcuni lotti di vaccini presso lo stabilimento di produzione di Anagni. Draghi informa quindi il Ministro della salute Speranza che dispone l'ispezione per lo scorso week end ai Carabinieri del Nas. Dall'ispezione risulta che i lotti sono destinati al Belgio. Le dosi, spiega quindi AstraZeneca in una nota successiva, sono ad Anagni solo per l'infialamento e sono state prodotte al di fuori dell'Unione europea. L'invio in Belgio, unico stabilimento di produzione nella Ue dei vaccini, è necessario per il controllo di qualità. Soprattutto, nessuna di queste dosi è diretta a Londra. Sarebbe stato impossibile, infatti, per il meccanismo di trasparenza sull'export già in vigore da gennaio. Nessuna dose avrebbe potuto lasciare il continente senza l'ok della Commissione europea.