La famiglia giardino riconducibile ad una delle più potenti cosche ndranghetiste di Isola Capo Rizzuto, con radici nel veronese, da oltre vent'anni, gestiva i suoi affari milionari attraverso varie forme di riciclaggio, estorsione e corruzione. Una maxi inchiesta, quella coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Venezia che ha portato all'emissione di 26 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, truffa, riciclaggio, traffico di droga e fatture false. 17 le persone finite in carcere, sei quelli ai domiciliari tra queste due ex funzionari dell'Amia, azienda municipalizzata veronese per l'igiene urbana, per presunti rapporti illeciti con la famiglia Giardino. La società gestisce dei corsi di formazione, quindi, all'interno della gestione di questi corsi di formazione, c'è stato un inserimento di questa cosca di questa ndrina ndranghetista che si è accaparrata del denaro pubblico. Tra gli indagati, si apprende dalle carte dell'inchiesta, anche l'ex sindaco di Verona Flavio Tosi, concorso in peculato l'ipotesi di reato. Una grande capacità operativa, quella dei Giardino nel veronese, imprese, contatti con pubbliche amministrazioni. Le indagini sono state condotte tra il 2017 e il 2018 nel corso dell'operazione sono stati sequestrati beni immobili e quote societarie per 15 milioni di euro. E' una cosca che lavora qui da tempo c'è un rapporto con la Calabria, che è anche di tipo finanziario, cioè arriva il danaro la provvista in nero viene utilizzata in questi territori, e questo danaro è un danaro che poi ritorna pulito e che costituisce un elemento fondamentale per la, come dire, espansione economica della cosca.