Una volta erano le tracce di rossetto sul colletto della camicia. Oggi la prova del tradimento arriva dallo smartphone. Se scopro i messaggi dell’amante chiedo il divorzio e mi paghi gli alimenti. Paolo Genovese ha vinto un David di Donatello grazie alla storia dei messaggi equivoci sul telefonino raccontata nel film “Perfetti sconosciuti”. Ora la Corte di Cassazione lo ha messo nero su bianco, confermando la decisione della Corte di appello di Milano, che aveva sentenziato sulla separazione di una giovane coppia milanese. Lui, il traditore, in questo caso, è stato condannato a versare un assegno di mantenimento mensile per la moglie e uno per i figli e al pagamento delle spese processuali. “Violazione dell’obbligo di fedeltà” si legge nelle carte, certificata dai messaggi galeotti scoperti dalla donna sul cellulare del marito. Niente più pedinamenti e fotografie a incastrare il partner fedifrago, dunque. Da oggi anche l’sms, prova schiacciante tra le mura domestiche, diventa sufficiente, anche in tribunale, per stabilire la separazione con addebito a carico del coniuge che ha tradito. Attenzione, però, a non farvi accecare dalla gelosia, perché la stessa Corte di Cassazione, non più di due anni fa, ha stabilito con un’altra sentenza che spiare il cellulare del partner costituisce reato e, nel caso in cui venisse sottratto dalle mani dell’altro, può persino essere considerato al pari di una rapina.