"Sono quello che sono anche per quella vicenda". "Il ricordo di quei giorni non è mai cambiato in realtà è sempre molto presente. Intanto, per me, è il ricordo di un fallimento e di una tragedia. Dal punto di vista delle sensazioni è confusione, calore, polvere, odore di terra umida nei pozzi e le grida del bambino e poi il ricordo è il senso di impotenza. I pozzi sono tanti, i pozzi saranno sempre di più perché la mancanza d'acqua è un problema comune, globale. Nei pozzi, oggi, i bambini muoiono non tanto in Italia quanto in paesi del terzo mondo e in via di sviluppo in questi anni ne sono morti decine. Ho creato un gruppo di lavoro che studierà, sta iniziando a studiare, a progettare un prototipo di robot per pozzi stretti che sia in grado di raggiungere, discendere nei pozzi, raggiungere il bambino infortunato, effettuare tutti i controlli che devono essere necessari le somministrazioni mediche, la comunicazione, la visione, la messa in sicurezza e il recupero. Avevo voglia anch'io di dare corpo a un'idea che per troppo tempo mi sono cullato, ho ragionato, so esattamente quello che deve fare il robot, ho le idee chiare però serviva uno stimolo, lo stimolo finale me l'ha dato in parte anche la fiction cioè il fatto che io abbia comunque interagito con gli autori, con il regista come testimone. Per 39 anni ci ho ragionato poco, sapevo ma non volevo riaprire questa ferita, adesso l'abbiamo riaperta, sanguina, ma guardiamo avanti. Il mio sogno è che questo robot possa salvare tanti bambini, tutti e naturalmente si chiamerà Alfredino.